Carissimi,

ancora una volta il Signore viene a visitarci nel suo Natale, mostrandosi – come ogni neonato – fragile e povero, bisognoso di ogni cosa, anzitutto dell’affetto dei genitori! È straordinaria questa manifestazione di debolezza: Gesù entra nella storia nel momento in cui Cesare Augusto, ordinando il censimento di tutta la terra, ostentava il proprio indiscusso potere. All’affermazione di un’autorità terrena che si percepiva illimitata, si contrappone l’agire del “Re dei re e Signore dei Signori” (Ap 19,16), il quale non teme di esaltare – Lui che era Dio – la fragilità della condizione umana, elevando in tal modo un inno di lode a ciò che è povero e debole al tempo stesso; facendo, anzi, degli ultimi e degli emarginati il segno tangibile della sua presenza nel mondo.

Come sarebbe bello se a Natale aprissimo a Gesù le porte del cuore! Se lo riconoscessimo davvero in quei piccoli e in quei poveri che lui stesso ha eletto a rappresentarlo (Mt 25,31-46). Quante persone, anziane e non solo, in quel giorno si ritroveranno senza nessuna compagnia per i motivi più diversi? La solitudine non è forse una forma terribile di povertà, persino più insidiosa di tante altre? Perché, allora, non invitare a pranzo una persona sola, non tanto per condividere il cibo, ma l’amicizia, che del cibo è ancor più preziosa? Sarebbe come ricevere in casa il Signore dei signori: non ne trarrebbe giovamento unicamente l’invitato, ma anche tutti coloro che l’avranno accolto; la nostra vita diverrebbe senz’altro più bella e la società un pochino migliore.

Con affetto sincero vi saluto e vi benedico. Buon Natale a tutti, di vero cuore!

                                                                                                                                                                                                                                              † Felice vescovo